domenica 4 dicembre 2011

da Salvatore Ivone

Attendevo oramai da diversi anni quel momento e quel giorno arrivò.
Adesso non ricordo la data con precisione, ma sarà stata certamente tra dicembre del 1983 e gennaio del 1984. In quell’occasione, era stata convocata la festa del tesseramento per l’iscrizione al partito per il 1984, anno in cui, sia pure a settembre, avrei compiuto i 18 anni, e finalmente potevo prendere la tessera del Partito Comunista Italiano.
La sezione che frequentavo era la “I° Maggio – Materdei” che si trovava in via Salute 108, a Napoli. In quella sede del PCI, nel salone delle riunioni, sul muro c’era un quadro di Emilio Notte. Un enorme dipinto che ritraeva un corteo della Festa dei Lavoratori, tra quelle figure ritratte c’erano molti volti di militanti di quella sezione, ed in quel salone fu fatta la festa del tesseramento. Fu Enzo Pelella, il segretario di quel momento, a darmi la mia prima tessera. Versai la quota di iscrizione al compagno Carmine Rubino, il tesoriere. Quello è stato il giorno più importate per il mio impegno politico, finalmente mi sentivo a pieno titolo un Comunista Italiano.
Fui subito, ma di fatto già lo ero, cooptato nel Comitato Direttivo della sezione e in quell’occasione ebbi anche un incarico di responsabilità. Avrei dovuto occuparmi della “stampa e propaganda”. Mi interessavo per la diffusione dell’Unità, volantinaggi o affissione di manifesti per il quartiere, la zona di nostra competenza. In questo compito ero per lo più accompagnato dal compagno Ciro Colonna, che era provvisto di una Vespa e con la quale potevamo fare incursioni improvvise, affiggere i manifesti in luoghi in cui, per la presenza di fascisti e di altri avversari politici, arrivarci senza quel mezzo, sarebbe stato molto pericoloso.
Uno dei motivi per cui i compagni della “I° Maggio” mi diedero quel compito era che già da diverso tempo collaboravo nella Federazione Napoletana del Partito, proprio nel settore della Stampa e Propaganda. Lì eravamo un gruppo di giovani, “garibaldini”, come spesso amava chiamarci “il Maresciallo” Antonio Cozzolino. Io e altri ci occupavamo della distribuzione del materiale di propaganda alle varie sezione della città e della provincia. In alcune occasioni provvedevamo a coprire di manifesti del Partito, zone della città in cui il Partito aveva difficoltà a farlo.
Uno dei nostri compiti era dare una mano alla organizzazione e alla costruzione delle feste dell’Unità. Proprio quell’anno si svolse la festa Meridionale del nostro giornale. Avvenne lungo il Viale giochi del Mediterraneo, nel quartiere Fuorigrotta, a pochi passi dal Palazzetto dello Sport. Ricordo quel periodo come un tempo particolarmente faticoso. Tornavo a casa raramente, impegnato com’era tra distribuzione di materiale elettorale alle sezioni territoriali, turni, anche notturni, al centralino della Federazione.
La Festa fu chiusa da Enrico Berlinguer, il quale, come sempre faceva, prima del comizio girò per un saluto ai compagni, che quella Festa l’avevano fatta nascere e vivere, lavorandoci gratuitamente, per tanti giorni. Io, il compagno Berlinguer me lo ritrovai all’improvviso, di fronte nel magazzino approvvigionamento. Ricordo ancora la sua stretta di mano, la mia emozione.
Solo pochi giorni dopo, a Padova, durante il comizio di chiusura di quella campagna elettorale, Enrico Berlinguer ebbe un malore, e dopo quattro giorni morì. Era l’undici di giugno.
I suoi funerali si tennero a Roma il giorno13. Da Napoli ci fu una partecipazione enorme di compagni. Nessuno voleva rinunciare all’ultimo saluto al nostro Segretario. Quella mattina toccava proprio a me restare a vigilare la sede della nostra Federazione di via dei fiorentini. Ero addolorato e inquieto come mai. Non riuscivo ad accettare di essere uno dei pochissimi a non essere insieme agli altri compagni. Non facevo altro che pensare d’inventarmi un modo, una possibilità di partire per Roma. Condividevo questa mia disperazione con l’altro al quale era stato chiesto di restare a vigilare, si trattava di Antonio Pastore, il Segretario amministrativo della Federazione. Chiesi proprio a lui di lasciarmi partire. Antonio capì, ma era anche preoccupato per la sede. Ci accordammo che sarei partito solo a condizione che lui si fosse blindato all’interno. E così avvenne. Partii per Roma. Di quelle ore ricordo solo che mi ritrovai in Piazza San Giovanni tra una folla indescrivibile di militanti Comunisti e gente comune, tra tante bandiere rosse e tricolori listate a lutto. Tutti piangevano quell’uomo che era il Capo e la bandiera del Partito Comunista Italiano. L’ultimo suo miracolo fu di quel giorno: diventando la bandiera di tutta l’Italia.
Alcuni anni dopo noi, i “garibaldini” della Federazione, ci ritrovammo a Roma per rendere omaggio, alla tomba di Enrico Berlinguer, con una nostra corona di fiori. Ma in quel tempo era già iniziata un’altra storia.
Ho menzionato solo alcuni compagni, con i quali ho condiviso, il mio cammino. Quello di un giovane, che cresce umanamente e culturalmente, nel mondo del Partito Comunista Italiano. Citare tutti i miei compagni sarebbe impossibile, dovrei scrivere un lungo, interminabile elenco. Ne cito solo alcuni. Per la mia sezione, “PCI Primo Maggio – Materdei”: Matteo Tirelli, Pasquale Maruzzella, e il Prof. Emanuele Salottolo. Di quelli con i quali ho condiviso l’impegno, affetto e amicizia a via dei Fiorentini: Ivan Di Roberto, Carmine Tulino e Paolo Persico.

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