domenica 11 dicembre 2011

da Verio Massari

Il primo incontro. Avevo 15 anni, nel '66, ero un bravo boy scout, e nel Liceo Scientifico Scacchi di Bari tirava una brutta aria per chi pensasse fosse giusto protestare per i bombardamenti su Hanoi, magari anche soltanto tentare una manifestazione con le altre scuole. Come succedeva al Flacco, il liceo classico, dove c'erano invece i "giovani comunisti", che qualche volta ci riuscivano pure. Però al Flacco non c'erano i neri ben più maneschi della mia scuola.
Ogni giovedi si riuniva alla sala del Combattente, in via Melo, pieno centro murattiano, un gruppo di questi "strani" studenti del PCI, tutti però del "classico". Era il Circolo Gramsci, manco sapevo chi fosse allora quel capellone "strano"... Ci andavo quasi regolarmente e scoprii così anche universitari e liceali che facevano sfoggio di buone letture, di film surrealisti visti in astrusi cineforum e i "conti rateali" degli Editori Riuniti. A volte, in quella sala, incappavo in zuffe a sediate selvagge con quelli del FUAN, che non gradivano la presa del " giù le mani dal Vietnam" sugli altri studenti , e poi soffrivano troppo la presenza delle "nostre" belle ragazze (tra tutte spiccava la lunga chioma di una nipote di King George..) e, quindi, rompevano, in tutti i sensi. Chiesi ben presto al leader del Flacco, Francesco Laudadio, di portarmi in questa mitica "Federazione" PCI, all'epoca in Via Trevisani, per capirne di più del "partito", di cui parlava come fosse Zaratustra. Francesco ne era ossessionato, per lui il futuro era il Partito (la sua direzione) o il fare cinema (e che infatti scelse dopo 10 anni esatti, andando a lavorare con Monicelli); a cinema ci andavamo insieme ossessivamente, litigando su tutto. Beh, non ci crederanno i più giovani ex-PCI (Nichi compreso), ma in quegli anni gli studenti erano le mosche bianche, in Federazione. C'erano, iscritti a decine per ciascun paese, tanti giovani apprendisti e operai nella FGCI della Puglia di prima del '68. Con Francesco, Aldo e altri 4 gatti noi studenti eravamo "marziani", andavamo nelle sezioni e nelle camere del lavoro della Provincia (oltre che a cinema), per parlare di cose e vicende della politica che cambiava a fine dei '60 con compagni "davvero" operai: pochi anni dopo i "gruppi" si sarebbero scannati per averne una minima frazione...Il PCI degli anni '60, in Puglia, era ancora bracciantile-operaio-plebeista e forse giustamente sospettoso dei suoi stessi "professori" (Reichlin, allora segretario regionale, Papapietro, Santostasi, De Felice, Vacca...), per non dire degli studenti. Gli intellettuali li si mostrava con orgoglio in qualche teatro, ma non li si capiva; ma soprattutto non dirigevano, non potevano dirigere, quel PCI, che subiva - allo stesso tempo - il fascino del potere amministrativo della DC nelle sale consiliari, tutti quei "signori" di cui non si poteva che ammirare, temere e imitare i comportamenti, che erano un bel pò più concreti delle chiacchiere dei "nostri professori" e roba diversa dallo sciopero a rovescio nelle campagne. Quando, qualche anno più tardi, citai Don Milani su un ciclostile alle scuole (con la famosa frase sulle professoresse e le puttane), quasi quasi mi cacciavano dalla FGCI. E infatti nel '68 ce ne andammo, dopo le Frattocchie a febbraio. Ma presto, dopo aver pazziato fino al '73 tra vari gruppi più o meno "rossi" e ortodossi, facemmo un umile e contrito ritorno alla casa madre. Avevamo già da ragazzini le stimmate del PCI, non potevamo, specie a Sud, andare da qualche altra parte. Il compagno Sicolo ci fece una ramanzina indimenticabile, chi se la scorda.. Nel frattempo il PCI diventava il Partito di Berlinguer, e noi diventavamo adulti (?). Ma in quella Federazione e in quelle Camere del Lavoro della Terra di Bari ho capito che i partiti e i movimenti popolari si nutrono di idee e di sangue vivo, sennò gli intellettuali e il pensiero non bastano mai. Il PCI era un impasto ineliminabile di valori veri, miti ed esperienze di vita dura, sofferenze, lotte, fatiche solidali e tanta gioia di vincere insieme...la politica era in cielo solo sui manifesti ai muri, ma in realtà un popolo in movimento continuo, con bandiere "proprie" che nessuno si sognava di imbalsamare in feticci del "socialismo reale". Ciao Francesco, te ne sei andato così presto, a 55 anni, e io qui ancora ti ringrazio di avermi portato quella prima volta in via Trevisani.

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