martedì 13 dicembre 2011

di Fabiano Corsini

Fu Sirio il Taccini a consegnarmi la prima tessera del PCI, nel marzo 1970. Sirio aveva già una settantina di anni. Era il presidente dei probiviri, il compagno più prestigioso della sezione.
Mi avevano fatto aspettare un po'. La procedura prevedeva di essere presentati, che qualcuno garantisse. Poi gli organi dirigenti vagliavano la richiesta, e c'era da aspettare. Al Fortino, la casa del popolo dove aveva sede la Sezione Comunista di Marina, era rimasto un po' così; anche in quegli anni tumultuosi in cui la politica profondamente cambiava, pareva già cambiata. Ma non non mi dispiacque che su di me ci fosse un vero e proprio esame; che in qualche modo fosse valutata la mia vicenda politica. Per tre anni ero stato nel movimento studentesco, avevo simpatizzato per il Potere Operaio e per Lotta Continua. Ero stato era stato io, tutti lo dicevano, il colpevole vero dell'arresto di mio fratello. Quattro mesi di prigione per una manifestazione, sui binari della stazione di Pisa, dopo l'arresto di Guelfi e Marraccini. Sirio Taccini venne a casa mia, e prima di parlare indugiò a guardare i libri, le cataste della Monthly review e dei Quaderni Piacentini, accanto a Critica Marxista e Rinascita. Sirio, prima di consegnarmi la tessera, come aveva deciso il Direttivo, mi raccontò di tutti i fatti miei di quegli anni passati, e di come fossero stati tutti analizzati. “Abitavi con Renato Curcio” mi disse guardandomi dietro una nuvola di fumo che lo intossicava. “Si, erano tutti nell'appartamento dove vivevo io.” “Lo sappiamo” Era chiaro di che cosa mi si era imputato, ma anche che ero stato assolto. “Ne abbiamo anche noi di compagni così...nel portafogli ho la tessera di uno. La tengo io. Ha fatto brillare una stecca di plastico a Camp Darby..quel bischero”.
E poi raccontò di sé, di quando era dirigente provinciale , e di come non lo era stato più. Di quando avevano deciso di sciogliere la sezione centro, troppo di sinistra, e di come poi lui, operaista, fosse stato a sua volta messo fuori. E di come fosse ritornato a spazzare i piazzali dell'Acit. Michele vedeva il vecchio compagno, con il sigarino tra le dita, sempre acceso, che raccontava cose che erano accadute proprio a lui; ma che raccontava non per fatto personale o per civetteria. Gli stava insegnando, il Taccini, di come si doveva stare in quel partito , di come ci stavano quelli che lo avevano fatto diventare forte.
A quell'epoca in Cantiere ci lavoravano mille e cinquecento persone. La Sezione, che dai licenziamenti del 1957 era sparita, cominciò a rinascere. Ne diventai segretario l'anno successivo, a ventidue anni.

1 commento:

  1. E' bello questo racconto. Per chi ha passata l'adolescenza e la giovinezza in quella sezione queste parole riempiono il cuore di nostalgia, per la politica per lo stare insieme per come e' stato possibile li in quella piccola sezione vicino al mare imparare a vivere

    RispondiElimina