martedì 13 dicembre 2011

di Roberto Bongini

mi sono iscritto alla fgci nel 1976 all'età di 14 anni a rosignano solvay (comune di rosignano marittimo in provincia di livorno) con una tradizione familiare che và dallo zio sindaco, successivamente consigliere regionale e primo presidente della allora usl di zona, cugino assessore e padre nell'esecutivo del consiglio di fabbrica della solvay ( multinazionale belga, industria chimica),successivamente, tutta la trafila all'interno del partito da segretario di sezione, direzione provinciale,ecc..).
negli anni 80, si comincia a parlare a rosignano di un possibile impianto di pvc che la società solvay vorrebbe fare nella fabbrica di rosignano, tenendo conto che il territorio, per le produzioni ad alto rischio che già faceva la suddetta società, era già saturo di rischi ambientali (teniamo conto che c'erano già 2 bomboloni di etilene e che riguardo al pvc finchè non ci furono gli studi del dottor viola se ne sapeva poco). a quei tempi io stavo finendo il mio incarico in fgci (all'epoca ero responsabile provinciale della lega per il lavoro) per fare il segretario della maggiore sezione del pci del mio comune. personalmente e come fgci avevamo preso una posizione di contrarietà all'impianto, mentre il partito aveva una posizione favorevole. il partito aprì una consultazione tra l'iscritti (pensando che il partito fosse rappresentazione reale della società) che dette un consenso all'investimento e io ero nella situazione di dovere garantire la posizione del partito stesso, in quanto segretario della sezione, ma con un punto di vista diverso. si può immaginare che la discussione era accesa. la fgci, insieme ai movimenti e alle associazioni del territorio si schierò con la richiesta di un referendum consultivo sull'investimento con il voto ai sedicenni. io mi trovai nella strana posizione di segretario del partito (di giorno) e (di notte) a lavorare con i compagni della fgci. alla fine il referendum vide la vittoria dei contrari all'investimento con mia grande soddisfazione. ciò segnò anche la fine di un rapporto di fiducia dei cittadini con l'azienda. questo per dire solo alcune cose: già in quegli anni il partito non era più espressione della società in senso ampio (non aveva già più il ruolo pedagogico inteso in senso gramsciano) e inoltre perse l'occasione per cambiare la sua visione politica e fare crescere un nuovo gruppo dirigente (in pratica come ha fatto il pd sui referendum su acqua e nucleare). la difficoltà ai cambiamenti non è solo di oggi, ma è un difetto antico della sinistra.

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