venerdì 21 settembre 2012

da Vincenzo Crolla


LO SCIOPERO DELL'AGOSTO 75

Scoppiò all'improvviso. Meglio deflagrò. Inaspettato; e stupefacente. Si era più o meno a Ferragosto, uno dei tre periodi di più intenso traffico: Nord/Sud nei primi giorni del mese, il contrario, Sud/Nord dopo il 15. Venivano giù gli emigrati al Nord. A frotte. Venivano a trascorrere le poche ferie presso vecchi genitori, spesso braccianti; al meglio contadini o mezzadri in Calabria, in Sicilia. Ovunque nei paesini riarsi al di là di Eboli e Battipaglia. Era uno dei tre momenti critici per le Ferrovie. Gli altri due: Pasqua e Natale. Se volevi metter in ginocchio il Paese, se volevi far cadere un Governo era quello il momento buono. E arrivò. Come un ciclone. Autonomi e fascisti, FISAFS e CISNAL, bloccarono tutto. Gli altri due diversi da noi SFI, la Cisl e la Uil alla finestra ma sostanzialmente gongolanti. Si stava giocando una partita solo in parte sindacale. Il PCI alle elezioni di due mesi prima, le amministrative del Giugno '75 era stato travolgente. Un fiume di voti e io candidato. Candidato e votato dai ferrovieri. Quegli stessi che adesso, al culmine dell'esasperazione, e a prescindere dalle opinioni politiche, occupavano i binari, abbandonavano i passaggi a livello incustoditi, lasciavano le linee elettriche senza manutenzione. Avevano ragione: turni massacranti e paghe basse. Lo SFI, il glorioso SFI, retto ancora nel '75 da ex partigiani faceva orecchi da mercante. Troppo nobili i nostri obiettivi di partigiani comunisti per piegarsi alla volgarità di discutere di paghe: e allora fu la guerra. E in guerra non si discute. Se poi a far la guerra sono i comunisti "Obbedisco" è la routine. Fummo tutti mobilitati. L'ordine perentorio e indiscutibile era far marciare i treni: a qualunque costo. Non precettati dall'Azienda, no. Mobilitati dal Sindacato e dal Partito Comunista; per una volta insieme, senza polemiche; sulla stesa barricata. Bisognava battere i fascisti che fomentavano la jacquerie. E noi là, quindi. E io là. "Roma-Palermo Crolla, devi scortarlo perlomeno fino a Sapri". Saranno state circa le 19,30. Sono tornato da Sapri alle 17,00 del giorno successivo. Passaggi a livello aperti, segnalazione inesistente, di capistazione neanche l'ombra. Io e Elio, Capotreno e macchinista, lui con una chiave inglese sul banco, Non si può mai sapere Enzo in giro ci sono troppe teste calde. Dovevamo arrivare siamo arrivati Siamo arrivati a Campi Flegrei stanchi e sudati. Al binario 1 della stazione, nella Sala d'attesa il Partito aveva organizzato una piccola task force (Eugenio Donise, Pierluigi Cossu, Rino Marzano ed altri che non ricordo) a protezione di coloro che, come me, avevano scelto l'epica all'umanissima viltà. Accanto alla sala d'attesa vicino alla Sala Movimento circa 200 ferrovieri: sudati, arrabbiati, stanchi. Increduli e inviperiti verso chi, anziché essere li con loro, praticava un crumiraggio all'incontrario. Io poi, ero per loro particolarmente odioso. Appena due mesi prima mi avevano votato. Quando hanno visto scendere me da quel treno non credevano ai loro occhi. Il brusio è cresciuto...Via via si faceva protesta aperta. Mi aspettavano al varco. Per riprendere l'auto e andare a casa dovevo per forza passare davanti a loro che erano appostati tra la Sala d'Attesa dove era acquartierato il Partito e il parcheggio. Cossu e Donise mi sono venuti incontro con intento protettivo, con l'intenzione di scortarmi fino all'auto. Ti accompagniamo, No compagni farmi accompagnare è come dichiarare il proprio torto, devo andare da solo, E' rischioso, Fa niente, rischierò. E borsa alla mano mi sono avviato. 400 occhi mi guardavano severi, curiosi, interrogativi, Perché tu? Perché tu non scioperi? Ti abbiamo dato il nostro voto perché tu ci ripagassi cosi? Questo dicevano quegli occhi; e intimavano che io abbassassi i miei. Se l'avessi fatto sarebbe stata una sconfitta. Non solo per me. Non li abbassai. Avevo paura ma non li abbassai. Il mare di persone lentamente si aprì e potei tornare per quel giorno a casa dai miei. Due mesi dopo, Geremicca vigente, mi fu ordinato di lasciare l'impegno al Partito e di assumere una qualche responsabilità nel Sindacato....A quel tempo non si chiedeva...si ordinava e, si si accettavano le regole, non si discuteva, si ubbidiva e, a malincuore, ubbidii. 
PS. Contarello eccoti il tuo fottutissimo raccontino zeppo di retorica. Sarà vero..sarà falso...Forse è un mito? La realtà è ciò che accade o ciò che noi raccontiamo? Ai posteri l'ardua sentenza.....


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