lunedì 21 novembre 2011

da Ernesto Mezza

Amendola: una scelta di vita e di cucina.
Festa Nazionale de L’Unità a Napoli del 1976. Padiglione Caboto, stand dell’Editoria. Tappa obbligata di dirigenti, personalità e delegazioni. Fiore all’occhiello di tutto il Festival. Un pomeriggio entrò un distinto signore: snello, elegante con un bastone: l’artista Ernesto Treccani. Si complimentò per l’allestimento e l’organizzazione e chiese di essere aiutato a rintracciare Giorgio Amendola col quale aveva un appuntamento non del tutto preciso in quanto al luogo. Uscii dallo stand per recarmi in Direzione, per contattare Andreina, la telefonista della Federazione, che per l’occasione svolgeva anche il ruolo di annunciatrice. Le dissi: “Comunica che il compagno Amendola e atteso da Tre…ccani…”. La fermai giusto in tempo per rettificare con: “Il maestro Treccani attende il compagno Amendola…”. Questi, trovandosi in una stanza attigua al centralino, sopraggiunse dopo pochi istanti e insieme c’incamminammo verso il Caboto.
Giunti in libreria ci chiese come andassero le cose. Noi tutti pronti a sfornare i dati di vendita, il fatturato e l’affluenza. Amendola, col suo vocione c’interruppe per riproporci in maniera più esplicita la domanda: “Non in generale, come va il mio ultimo libro: Una scelta di vita?”. Gli rispondemmo che le vendite erano discrete, chiedendogli se gradisse l’allestimento di un banchetto presso il quale autografare le copie vendute. Lui rispose affermativamente e le vendite subito salirono alle stelle.
“Al compagno Esposito con affetto”, “ alla compagna Maria con stima e simpatia”, ”al segretario della sezione con profonda amicizia” e così via. All’improvviso la velocità con la quale firmava le copie rallentò. Ebbe un attimo di esitazione. S’interruppe ed esclamò: “Ma questo non è il mio libro!”. Ed aveva ragione. Si trattava di un libro di ricette di cucina della Fratelli Fabbri editori. La severità con la quale aveva espresso il suo disappunto si sciolse, subito dopo, in un sorriso bonario ed affettuoso, allorquando sentì la compagna che gli aveva consegnato il libro dichiarare, con ferma determinazione e lieve risentimento, in napoletano: “E firmalo ‘o stesso! Nun fa niente!”.
Amendola firmò divertito e forse anche maggiormente lusingato. Era un’ulteriore testimonianza della sua popolarità e dell’affetto che i napoletani nutrivano nei suoi confronti. Anche questo è stato il PCI.

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