martedì 22 novembre 2011

da Oreste Gabbanelli

Sono stato prima militante del movimento studentesco anni 1970-72,poi iscritto al PCI dal 74 all'86.Quartiere Pendino a Napoli zona di forti tradizioni monarchiche dove il MSI prendeva alla elezioni percentuali intorno al 50%, a Forcella era difficile fare comizi e campagne elettorali e in queste difficoltà ho temprato il mio carattere e contemporaneamente ho capito il valore della cultura come elemento fondamentale della democrazia.La vita passata in sezione si intrecciava con quella privata in maniera quasi totale. Gli amori si rafforzavano ed anche le amicizie con i compagni con i quali si condividevano piccole battaglie che per noi sembravano grandi occasioni di crescita per la gente del quartiere e per Napoli in generale.La felicità per avere
aiutato anche una persona a risolvere problemi ,a volta di sopravvivenza,si intrecciava con le delusioni per le sconfitte politiche ma anche umane.I momenti peggiori li ho vissuti quando l'utopia della battaglia politica si scontrava con la miseria umana e personale sia degli stessi compagni di lotta(della sezione o dirigenti del partito locale e nazionale) che dei cittadini stessi.
Mi sono però anche divertito ed ho riso tantissimo facendo politica. Mi ricordo che in occasione di un congresso della sezione,in preparazione di un congresso provinciale del PCI napoletano all'inizio degli anni 80,ero particolarmente in tensione perchè le conclusioni le avrebbe tenute Giorgio Napolitano. Conoscevo la proverbiale puntualità del Presidente e anche la costituzionale tendenza al ritardo per le nostre riunioni di sezione.Nonostante ciò arrivai in sezione con 10 minuti di ritardo (per me significava il massimo della puntualità) e trovai Napolitano seduto in mezzo alla sala semi vuota che col dito verso il suo orologio da polso mi indicava l'enormità del mio ritardo in quanto segretario di sezione.
Cercai di balbettare qualche scusa lui però subito mi mise a mio agio sorridendo e distraendomi con domande sulla nostra attività politica.Ero felice anche perché la sezione si riempì presto. Purtroppo però un militante di vecchia data aveva avuto la malaugurata idea di portare con sè due nipoti quindicenni, zona Forcella, che non capivano una mazza di politica. Una delle due mentre
io ero intento a colloquiare con Napolitano si girò verso la foto di Antonio Gramsci e con voce altisonante mi chiese quale fosse il nome di quel famoso cantante.Mi sentì sprofondare e mi resi conto subito che tutto il credito conquistatomi nella chiacchierata col Presidente era andato a farsi benedire.

Nessun commento:

Posta un commento