giovedì 17 novembre 2011

da Umberto Minopoli

Non era la prima volta che guidavo una delegazione della Fgci in Urss . Ma quella fu unica: era la mia ultima missione prima di " passare al partito", come allora si diceva. Nei miei ricordi un viaggio particolare. Per un dettaglio, che non c'entra con il racconto: ne faceva parte un' amica meravigliosa, una spanna su tutte le altre, gli occhi verdi piu' belli mai incontrati nella vita e buttati, maledizione, al vento senza un perche', una maledetta sera, su una maledetta strada della Puglia. Ma torniamo alla missione: era disperata e senza speranza. Eravamo ormai in rotta con i sovietici su tutto. Per allentare un conflitto sempre piu' scoperto e feroce tra la Fgci e il Komsomol, Massimo D'Alema ebbe un'idea delle sue: un incontro ( segreto) con i " giovani" comunisti sovietici per una chiarificazione "ideologica". Capirai! L'odg suonava piu' o meno cosi': " attualita' e innovazione nel marxismo-leninismo". Per noi della Fgci, confessiamolo, le delegazioni all'est erano una pacchia: una vacanza da privilegiati, un "eden" dove tutto ci era concesso e dove, ognuno di noi, si costruiva un archivio di ricordi e avventure durevoli nel tempo. Quella volta no. Sapevamo di andare ad uno scontro: a registrare un' infinita e incolmabile distanza. Ormai non c'era piu', tra comunisti italiani e sovietici, neppure un frasario comune. Comunque eravamo li': io, Giusi , Vasco Errani e un piccolo gruppo di compagni ( di cui mi piacerebbe ricostruire i nomi) in un magnifico campus del Komsomol, in una regione impervia dell'Urss. Chiusi nel campus ci preparavamo ad una settimana di discussioni da sfinimento, a colpi di noiosissime citazioni sull'attualita' del marxismo-leninismo. Pensavamo ci aspettasse un confronto da incubo: noi con i nostri strumenti ( una copiosa messe di citazioni dei " Quaderni " di Gramsci e l'immancabile " Lezioni sul fascismo" di Togliatti, il nostro " libretto rosso", il testo con cui incrociavamo le armi ideologiche con estremisti ed ortodossi); loro con una biblioteca , che avrebbe steso chiunque, di classici del leninismo e delibere di una ventina di congressi del Pcus. Ci era stata annunciata la presenza, nella delegazione del Komsomol, di un " esimio professore " di marxismo-leninismo ( docente all'Universita' di non so dove ). Sticazzi...pensammo. La cosa sarebbe stata veramente dura. Come ve lo figurate un " professore di marxismo- leninismo"? Allora erano tutte controfigure di Suslov ( a sua volta controfigura di Raskolnikov, l'omicida della vecchietta in " Delitto e castigo" ). Per decreto e convenzione dovevano essere tutti uguali: allampanati , magrissimi, altissimi, curvi, con agli occhi invisibili occhiali rotondi senza montatura, austeri , mai adusi a sorridere. Negli occhi d' acciaio dell'ideologo doveva sconvolgerti l'immancabile velo di tristezza di chi legge, inesorabilmente, nell'interlocutore la predisposizione al tradimento: un impercettibile e nascosto tratto di umanita' nell' universo concentrazionario del sospetto. Insomma l'ideologo era la figura piu' tragica, grandiosa e terrificante di quel mondo. E noi la conoscevamo bene. E invece, sorpresa, l'ideologo in questione era il contrario di questo ritratto. Aveva indubbie fattezze familiari. Qualcosa, nei suoi geni , ci portava a casa: stempiato, non alto, baffi scurissimi e sottili, sguardo vispo e intelligente. E senza gli immancabili occhiali cerchiati. Decisamente fuori schema. Niente di slavo o, almeno, asiatico tradiva un aspetto spudoratamente prossimo a noi. E poi: non si abbandono' ad una sola citazione. Piuttosto preferiva derive poetiche ed esaltazioni sfrenate ed ammirate della bellezza italiana: della letteratura, della poesia, dei regali di Madre Natura alla nosta penisola. La sua descrizione della fraternita' ( come allora si chiamava la relazione tra comunisti ) era decisamente estetica. Si commuoveva perdendosi languidamnete nella rivendicazione della " bellezza" delle relazioni tra comunisti. E piu' si commuoveva, piu' si abbandonava a estatici brindisi di vodka ( l'unico tratto che sembrava accumunarlo ad un russo ) che lo perdevano nell' abbandono e in una smaccata, imbarazzante ricerca del contatto fisico. La sorpresa tra noi era enorme, inspiegabile, spiazzante. Non poteva esistere un "ideologo sovietico" cosi' decisamente particolare e cosi' decisamente mediterraneo. Azzardammo che fosse un rifugiato italiano della campagna di Russia. Ma era troppo giovane. Qualcuno opto' per un capo mafioso scappato all'estero. Altri ancora per un astuto napoletano che , nell'infinita arte di arrangiarsi, era riuscito a farsi passare per maestro di marxismo-leninismo. Un fine responsabile culturale della Fgci milanese taglio' corto: il professore, a suo dire, era decisamente di spiccate preferenze omosessuali e io ( piuttosto carino a quei tempi ) il suo oggetto del desiderio. Il rozzo Errani convenne senza alcun dubbio. La domanda inquietante pero' era un' altra: perche' i russi, secchioni, seriosi e tristanzuoli, ci avevano messo tra i piedi un tale improbabile " maestro" di leninismo? La risposta venne alla fine del seminario. A sorpresa, per festeggiare la conclusione di quello sconclusionatissimo incontro, i russi ebbero una pensata straordinaria: nello sperduto villaggio del Komsomol venne allestita...una discoteca. Un palese montaggio. Una piccola folla di giovani, fintamente spontanea, fu chiamata a esibirsi. Di colpo capimmo: il professore " italiano " e la discoteca erano l'ingenuo tentativo di smontare le nostre " balle " revisioniste sulla loro vecchiezza scolastica e sulla tristezza quotidiana del socialismo reeale. Un po' ci commuovemmo. A riportarci alla realta' dei piccoli orrori quotidiani di quel sistema di vita ci penso' Vasco Errani. In discoteca si agitava come un'anima dannata. Poso' lo sguardo da cacciatore su una giovane sovietica. Era palesemente impegnata con un ragazzo li' presente: entrambi chiamati a far parte di un'orribile farsa. Prendemmo a sfottere Vasco e a canzonarlo. Ma accadde l'imprevisto. L'interesse di Vasco per la giovane compagna sovietica non sfuggi' al professore " russo napoletano". Che prese a parlare fitto con l'attempato capo del Komsomol. Successe in un attimo: il giovane russo, fidanzato della ragazza , venne convocato al tavolo dei capi. Poche parole all'orecchio del ragazzo. Che lascio' la sala...da solo. Ubbidendo ad un ordine indicibile. Ma Vasco ebbe un sussulto e non ne approfitto'. Davvero venivamo da un altro mondo. Scampolo di vita di un sistema che e' esistito davvero.

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