giovedì 17 novembre 2011

da Gianni Marchetto

Era il 1962, avevo 20 anni, era il tempo del rinnovo contrattuale dei meccanici. Abitavo a Rivoli, lavoravo alla Castor di Cascine Vica (una azienda che produceva lavatrici) a 50 ore la settimana su 2 turni a 164 £/ora. Giorno di sciopero, naturalmente lo facevo, anche se non mi interessava il perché, bastava ci fosse per starmene a casa. Era Luglio, erano quasi le 2 del pomeriggio, sono con altri miei amici al bar, passa di lì il “Biso” (fratello del “Moro”). Era questi un mio coetaneo, lui però di famiglia da sempre comunista (lo conoscevo dal paese Taglio di Po nel Basso Polesine da dove arrivavamo), a differenza di me lui politicizzato, io invece un sottoproletario senza arte ne parte, il quale ci fa: “sà, venite con me” e noi “dove?”, “a fare un po’ di casino” risponde lui. E noi immediatamente tutti con lui sul filobus che ci porta in quel di Cascine Vica. Smontiamo e a piedi andiamo nella zona industriale e ci fermiamo vicino ad una fonderia (da sempre piena di crumiri) e vediamo che lui raccoglie da terra dei sassi (e noi con lui) e facciamo per lanciarli verso delle vetrate che davano sulla strada, al che… sentiamo un grido alle nostre spalle “uelà bruta banda, banda d’piciu, co’ feve lì” (brutta banda, banda di coglioni, cosa fate lì), ci giriamo e vediamo una testa rossa e un viso butterato che sporge dal finestrino di una Fiat 500, era Pinot Piovano, ex partigiano, licenziato per rappresaglia dal Cotonificio Leumann, ora funzionario della CGIL (mi aveva iscritto l’anno prima alla CGIL), il quale proseguì tutto in torinese “se avete intenzione di tirare i sassi, almeno tirateli nelle vetrate giuste, non vedete che quelle lì sono quelle degli spogliatoi degli operai,..” (e ci indicò le vetrate della palazzina del padrone), e se ne andò cristonando.

Per me è stata una lezione: da quel giorno ho imparato che i sassi è bene averli sempre accanto a sé e se per caso occorre tirarli, vanno tirati, però… nelle finestre giuste..

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