lunedì 21 novembre 2011

da Pietro Iazzetta

Ricordo molto bene: era il 25 aprile del 1978, durante la fase in cui Aldo Moro, prima di essere barbaramente assassinato, era ancora prigioniero delle BR, nella scuola secondaria dove ho studiato (Giovanni Da Verrazzano sita in Roma, Via P. Togliatti -zona sud) , in qualita' di segretario della cellula F.G.G.I., appena rientrato da Firenze dove si era tenuto il congresso nazionale della F.G.C.I., attendevo Giorgio Amendola (dirigente del PCI e del Movimento Partigiano} il quale accetto' di partecipare ad un dibattito in aula magna della stessa scuola il cui tema era: "Differenza tra le brigate Rosse di oggi (1978) che di rosso hanno solo il sangue che vigliaccamente fanno scorrere nelle piazze e le Brigate Partigiane antifasciste."
Fu per me un incontro memorabile, trovarmi fianco a fianco un uomo come Giorgio Amendola fu non solo un emozione ma anche motivo di grande insegnamento storico visto che si trattava di un uomo che da ragazzo aveva subito - rimanendone sconvolto- l'assassinio del padre Giovanni Amendola -dirigente liberale- da parte delle squadracce fasciste.
Spetto' a me aprire la manifestazione e dopo aver sottolineato tutte le differenze storico-politiche tra i vili atti di terrorismo gestiti dalle B.R. con l'unico scopo di far scoppiare la guerra civile in Italia e le nobili lotte portate avanti dal movimento partigiano finalizzate alla riconquista della democrazia e della liberta'.
Amendola in risposta ai quesiti sull' "attentato"di Via Rasella a Roma, ci spiego' molto bene come la rassegnazione fosse l'unica cosa che si percepiva tra la popolazione anche a Roma e come gli italiani non credessere piu' alla possibilita' di una propria autodeterminazione, alla possibilita' di continuare a crearsi un proprio destino storico, stante la ventennale barbarie nazi-fascista e l'occupazione tedesca del nostro territorio. Era presente nelle popolazioni la teoria dell'invulnerabilita' dell'esercito tedesco. Bisognava dimostrare che era possibile darsi una scrollata e sconfiggere il regime fascista e, pertanto, con coraggio si decise di mettere in atto quello che ipocritamente e' stato definito un attentato quando, invece, si trattava di
un atto di guerra avvenuto in un momento in cui c'era la guerra e che e' servito a risvegliare le coscienze. Infatti dopo via Rasella seguirono successivamente altri moti in tutta Italia che culminarono nella liberazione.
Amendola da giovane, pur provenendo da un orientamento politico liberale, decise di iscriversi al Partito Comunista Italiano e lo fece, come ha ben spiegato nel libro "Una scelta di vita" essenzialmente perche' deluso da un atteggiamento attendista e di rassegnazione da parte delle forze liberali di fronte al regime fascista, riconobbe nei comunisti gli uomini piu' valorosi e coraggiosi che piu' apertamente combattevano contro il barbaro regime nazifascista.
Riconoscere che la resistenza e' stata tricolore (alla fine vi parteciparono tutti anche i monarchici) non puo' significare negare che le forze di sinistra -specie il Partito
Comunista- sono state quelle che piu' hanno contribuito a riconquistare democrazia e liberta' nel nostro paese!!
I signori del governo appena caduto non conoscono la storia, fingono di non conoscerla o, peggio ancora, sono nostalgici del regime mussoliniano? C'e' da chiederselo visto i vuoti di presenza degli ex ministri nella giornata commemorativa del glorioso 25 Aprile.

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