lunedì 21 novembre 2011

da Mario Lanfranco

Era il 1977 quando decisi, a soli diciassette anni, di iscrivermi alla Federazione Giovanile Comunista Italiana: Sezione Torino Santa Rita, Via Caprera, quartiere popolare, vicino alla scuola per Geometri Castellamonte.
Era un pessimo anno per iscriversi a un qualsiasi partito. In particolare il PCI e i suoi aderenti erano oggetto di aggressioni verbali e spesso fisiche.
L’accostamento all’impegno politico, anche solamente come scelta di campo, in quegli anni, era favorito da una generale diffusione del pensiero politico, alimentata, a sua volta, dalle tumultuose vicende del terrorismo e del golpismo, dell’estremismo e del brigatismo.
Già nell’autunno del 1974 avevo avuto occasione di venire a contatto con gli aspetti più pericolosi della vita politica.
Frequentavo il primo anno del corso per geometri all’ITG Castellamonte, nella succursale di Via Garibaldi, in prossimità di Piazza Statuto, ove era ubicata la sede del Movimento sociale italiano.
Il mattino del 9 ottobre trovai l’ingresso della scuola sbarrato da un gruppetto di ragazzi un po’ più grandi, che non faceva accedere alle lezioni: era un giorno di sciopero!
La motivazione ufficiale era la solidarietà con i 65.000 lavoratori della Fiat messi in cassa integrazione, “ovviamente” quella reale avviare una fase rivoluzionaria.
A metà mattina, un corteo di studenti universitari, principalmente appartenenti all’Autonomia, ci sfilò davanti e si diresse verso il centro della piazza al grido di “Almirante boia!”, io e altri ci accodammo incuriositi. Sul lato di Corso Francia il corteo fu fronteggiato dalla Celere.
Vidi che alcuni dei ragazzi del corteo estrassero dai loro zaini delle bottiglie incendiarie che lanciarono verso le forze dell’ordine che, a loro volta, risposero con razzi lacrimogeni.
Successivamente partì una carica della Polizia in tenuta antisommossa, il fuggi-fuggi fu generale.
Il dibattito era vivace: ricordo gli innumerevoli incontri al Teatro degli Infernotti dell’Unione Culturale, una grande sala al secondo piano interrato (da cui “infernotti”) di Palazzo Carignano, ritrovo della cultura torinese di sinistra.
Presi infine la decisione di iscrivermi alla FGCI perché era una scelta "forte", in quanto controcorrente, moderata, la scelta di chi stava dalla parte del riformismo e di chi pensava che le grandi trasformazioni delle società non si possano fare sulle punte delle baionette.
Voglio anche ricordare i dirigenti del PCI Giorgio Ardito, Mariangela Rosolen e la famiglia Negarville (Celeste fu Sindaco di Torino nel dopoguerra) che spesso mi ospitò per informali riunioni presso la loro casa, i dirigenti Balboni, Turco e Daidola nonché i compagni del Castellamonte, Renato Negarville (seppi successivamente dal fratello Massimo che era prematuramente scomparso), Abatantuono e Massimo Ardito (nipote di Giorgio).
I compagni di scuola che militavano nelle piccole formazioni della sinistra extraparlamentare (Lotta continua, Avanguardia operaia, Quarta internazionale, Partito comunista marxista leninista, ecc.) i cosiddetti “gruppettari” (chissà, forse oggi molti loro votano Forza Italia!), mi dicevano con tono sprezzante che mi ero iscritto a un partito socialdemocratico.
Intanto la FGCI, pur ripudiando l’uso della forza, continuava a partecipare alle varie manifestazioni organizzate dal movimento studentesco.
Durante i primi giorni di scuola del 1977, ci fu una manifestazione di protesta per l’uccisione a Roma del militante di Lotta continua Walter Rossi per opera di neofascisti.
Così ci ritrovammo a far parte del corteo, dal quale si staccarono degli sciagurati criminali che diedero fuoco, lanciando alcune bottiglie incendiarie, all’interno del bar Angelo Azzurro in Via Po.
Nel rogo che ne conseguì, morì, dopo un giorno di agonia, lo studente lavoratore Roberto Crescenzio.
Contemporaneamente, a Palazzo nuovo, si sarebbe dovuto tenere un’assemblea per discutere di “antifascismo” e invece si rivelò un’occasione per aggredire e colpire a “barottate”[#] gli iscritti alla FGCI. Ne uscimmo pesti in ogni parte del corpo e della mente.
Lo stesso giorno in cui si svolse quella tragica manifestazione fu convocata una riunione urgente dell’Attivo Studentesco, che si svolse presso la sede della federazione torinese in Via Chiesa della Salute 47.
La Segretaria della FGCI torinese, Livia Turco, da poco subentrata a Balboni, prese la parola e annunciò ai convenuti che, a seguito dell’azione di pochi miserabili, un giovane difficilmente sarebbe riuscito a sopravvivere e proseguì suggerendo ipotesi di distinzione dell’organizzazione giovanile comunista dal “movimento”, nel quale le componenti più brutali ed eversive, in preda a un delirio rivoluzionario, stavano diventando egemoni.

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