martedì 22 novembre 2011

da Fulvio Mozzachiodi

Tutto comincia nel 67. In Piazza del Mercato parla Vittorio Foa per il PSIUP. Non ricordo cosa ha detto, ma, appoggiato alla transenna della fermata dell’autobus,aspettando il 13 che è, come sempre in ritardo, lo ascolto e penso: “Mi sa che sono di sinistra …”
Ai primi di ottobre del 1968 sono in ospedale (a Pisa, lontano dalla mia città). Sento dei cortei di Città del Messico, ma anche di quelli di Piazza Verdi, a Spezia, dove si trova il liceo a cui sono iscritto. Mi scoccia essere chiuso in Ospedale, sta succedendo qualcosa.
Un pomeriggio di dicembre - l’ospedale è passato, ho cominciato regolarmente a studiare – esco dalla biblioteca civica e mi imbatto, letteralmente, nel corteo spontaneo per i morti di Avola. Bruno, Diego e Marco, alla testa del corteo, mi apostrofano : “Che cazzo fai, vieni dentro!”. Siamo arrivati fin sotto la Questura e ci siamo seduti per terra, i più esperti si coprivano il volto con le sciarpe.
Sono entrato in un giro e non ho più smesso: qualche riunione al fondo del Potere Operaio, il primo intervento in pubblico per il lancio dei comitati di base, l’occupazione delle scuole a cavallo dell’anno e subito FGCI, febbraio 1969. Sulla tessera c’era una frase di Lenin sull’energia rivoluzionaria delle masse. Una frase che, sempre perseguitato da quelli che erano più di sinistra, più marxisti, più leninisti, avrei usato molte volte per dire che l’importante era, appunto, l’energia: non che fosse proprio obbligatorio fare una rivoluzione armata con gli operai, i soldati e i contadini poveri; i capi manipolo, gli eroi e lo stato maggiore.
Comunque … ancora adesso, se non sto attento, rischio di chiamare, che so, la Prefettura, e annunciarmi come Mozzachiodi della FGCI. Mi considero ancora della FGCI e sono contento che Fabrizio Barca – è della FGCI pure lui, Circolo dei tecnici – sia al governo.
La tessera del PCI arriva nel 70, perché chi stava in segreteria provinciale dei giovani doveva fare anche l’iscrizione agli adulti, malgrado “l’autonomia della questione giovanile”. Era un periodo pieno di questioni: la questione femminile, quella meridionale. I più fighi dicevano “quistione” con la i.
Tre anni più tardi il segretario della Federazione mi chiama e mi dice, proprio così! se voglio fare il rivoluzionario professionale - sapeva come prendermi - per la FGCI. Certo che sì! Poi, dopo, il salto, a lavorare con i grandi nel glorioso PCI. Ho fatto un po’ di tutto, scuola e cultura, sezioni di fabbrica, enti locali, comizi in val di Vara. Nel 77 mi mandano a Frattocchie, al mitico corso di quattro mesi, direttore Luciano Gruppi .
Terminato il corso, passa un po’ di tempo e mi licenzio da funzionario del PCI (qualcosa non dev’essere andato per il verso giusto, all’Istituto di Studi Comunisti; o forse c’è andato troppo). Un paio d’anni dopo dal PCI tout court. Cambio anche città (ma questa è un’altra storia).
Sono rientrato (non a Spezia, solo nel PCI) al tempo di Occhetto (mi piace ammettere le mie responsabilità). Sempre per prendermi le mie responsabilità ,sono stato tra i primi a sollecitare la nascita del PD, qualunque cosa abbia voluto dire.
Fare di tutto un po’ nel PCI mi è servito.
Continuo: a fare di tutto un po’ e niente di preciso .

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